La SIN al Voto: nel Direttivo per fare che cosa.

Spunti per una discussione interattiva fra elettori e candidati

Quest’anno sarà rinnovato il 50% del consiglio direttivo della SIN e un altro 30% l’anno prossimo è evidente quindi che potrebbe iniziare un percorso veramente importante e di svolta!

Tutti sono più o meno consapevoli di come, negli ultimi 2-3 lustri, il mestiere del nefrologo sia cambiato, tuttavia la SIN non ha governato questo cambiamento culturale e fatica a trovare interlocutori istituzionali con cui condividere una visione strategica.

E’ evidente che oggi le nefrologie non hanno un ruolo chiaramente definito e vengono “diluite” nelle medicine, viceversa, ai nefrologi viene riconosciuta una professionalità e una competenza nella gestione clinica degli acuti e della complessità, che agli internisti, alla data di oggi, almeno in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi non è riconosciuta. Potrebbe essere interessante,ma non credo utile, interrogarci sul perché le nefrologie perdono ruolo mentre i nefrologi lo mantengono, trovo comunque ineludibile interrogarci sul come recuperare un ruolo come specialità e non essere riconosciuti come bravi “solisti”.

Allora quello che ci interessa sapere dai partecipanti alla “competizione” elettorale, non sono i loro curricula, ma la loro visione su alcuni temi e coerentemente impegnarsi per realizzare, con la partecipazione di tutti gli iscritti, programmi e progetti:

Tanto per citare alcuni argomenti, a mio parere, di respiro strategico:

Rete nefrologica

  1. Potenziare la rete nefrologica, condividere informazioni progetti, programmi, procedure e comportamenti virtuosi; effettuare censimenti on-line in tempo reale (anche se in passato la risposta è stata scarsa), cosa e come lo facciamo. L’implementazione della componente informatica ha un valore strategico e imprescindibile. Deve essere aperta e compattare persone, soggetti sociali, figure professionali, ecc. legati da interessi comuni; deve creare una comunità capace di massa critica e di lobbying. E’ evidente che se questo strumento diventa strategico non può essere affidato a stati d’animo, ma andrebbe costruita una commissione ad-hoc.
  2. Creare una struttura scientifica centralizzata che sia di supporto alla ricerca dei Centri piccoli che hanno poche possibilità (per i grossi impegni assistenziali) di mezzi e mettere in piedi studi che possano essere pubblicati. Se non si pubblica non ci sarà nessuna visibilità e supporto.
  3. Creare sinergie con gli infermieri e altre figure (dietiste, Associazioni Pazienti, ecc) e quindi amplificare presenza e visibilità. A differenza delle altre figure tecniche (perfusionisti, ortofonisti, radiologi, ecc.) gli infermieri della dialisi non hanno una abilitazione universitaria specifica.

Ridefinizione attività clinica e gestionale

  1. Uscire dall’idea di reparto nefrologico ripiegato su se stesso che vede solo l’uremia come prevalente o quasi esclusiva area di attività; viceversa, bisognerebbe entrare a pieno titolo nei percorsi assistenziali dell’urgenza-emergenza e parallelamente creare un’osmosi con i MMG e gli altri specialisti territoriali con cui gestire i pazienti uremici e portatori di polipatologie.
  2. Nessuna ambiguità sulla gestione della dialisi sia per acuti sia per cronici: rapporto pubblico/privato, quali sono le attività “core” e quali quelle ancillari che potrebbero essere gestite anche in outsourcing. C’è molta confusione sulla “domiciliazione” dell’emodialisi i candidati pensano che questa possa essere una opzione davvero praticabile e su che scala?
  3. Costruzione di una rete regionale per la gestione dei trapianti, concordata e riconosciuta in regione, con programmi di aggiornamento continui e riconoscimento del ruolo della nefrologia dando respiro e vivacità culturale anche sui trapianti anche ai centri dove non vengono eseguiti trapianti.
  4. Fare pressione sul ministero per l’istituzione di corsi per tecnici di dialisi con l’obiettivo di un coinvolgimento (sperabilmente anche clinico) diretto degli “infermieri”.

Competenza e visibilità

  1. Istituire un gruppo di lavoro che si occupi dei rapporti con le Istituzioni e che faccia del vero “ marketing nefrologico”. E’ pensabile far recepire, quanto meno, a livello regionale chi deve impostare i percorsi diagnostico/terapeutici/assistenziali dei pazienti affetti da AKI ovunque si trovino?
  2. Gruppi di studio e di lavoro che portino avanti capitoli della Nefrologia abbandonati: fisiopatologia renale, calcolosi, patologie nefrologiche in corso di malattia ematologiche. Ripropongano temi come lo stato di idratazione, iper-ipo-inatriemia, acido-base, elettroliti, che rappresentano il 70% delle richieste di consulenza nefrologica.
  3. Ridefinire i rapporti con le Aziende della Dialisi e trasformare i congressi “minori” in Corsi di Formazione.

Giuseppe Rombolà

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